Lasciate un commento, un ricordo, una considerazione, una proposta. Raccontate di un evento, di un episodio, di persone e personaggi. E state collegati!
IL CINEMA ASTRA NEGLI ANNI ’50 E SEGUENTI (sunto da un post dedicato sulla pagina Facebook di “Cesena di una volta”).
Nato come teatro parrocchiale, divenne una sala cinematografica nel 1948. Dopo quattro anni fallimentari, la nuova gestione decise di passare alla seconda visione dei film in uscita, attuando una politica di prezzi popolari con ottimi riscontri di pubblico. Ancora oggi è così, con buoni risultati.
Giampiero Maldini
L’ operatore cinematografico per tantissimi anni e’ stato Gino Severi e quando la pellicola si strappava, saliva un grido dalla platea: “Gino, va’ all’Arrigoni!”
Gino “la roccia” era una persona squisita con una grande passione per il cinema. Amava ascoltare i commenti degli spettatori che uscivano dalla sala (“Am cem Gino, ai ho una pasion per l’umanità”).
Osvaldo Barasi
Che storia , non c’erano gli scalini per entrare! Da metà anni 70 pero’ c’erano. Passavamo lì seduti le nostre serate.
Antonio Valducci
Ci ho fatto la dottrina all’Osservanza (anni ’60). Ricordi:
Chi serviva Messa (chierichetto) alla domenica entrava gratis al cinema.
Sotto al loggiato, lato sx del portone, c’era una bachechina con “l’indice” di tutti i film nei cinema di Cesena, con giudizio cristiano e voto finale (fino primi ’80).
La bancarella di luvarie della “Pissarina” (ignoro l’origine del nomignolo…ma tale era per tutti).
A fine anni ’70 era l’unico posto di Cesena dove si facessero cineforum (il San Biagio ancora non esisteva), di alto livello. (gestione Vaccari-Cavani, credo…)
Claudio Lasagni
Mi ricordo il giovedì c’era il doppio programma: due film al prezzo di uno. Uno dei due era di seconda visione, il secondo aveva grosso modo l’età dello sbarco dei mille!!
Franco Ravegnani
Tanti films in queste sale nei primi tempi sedie di legno terribili durissime, soprattutto quando proiettavano films di Anghelopulos, regista greco durata minima 4 ore!
Claudio Cavallucci
La mia giovinezza e quella dei miei amici aveva quel divertimento alla domenica pomeriggio alle 14.00. Spesa accessibile con un cartoccio di anime (semi di zucca) ed era la nostra domenica di festa. Bei ricordi…
Simo Ferrini
Andavo alla dottrina nell’anno 58 /60 poi si andava al cinema e i frati ci facevano entrare dal portico all’interno del cortile, con 5/10 lire si compravano le luvarie e via!
“Davanti e nel chiostro dell’Osservanza, una miriade di biciclette e motorini, qualche motorone, poche automobili. Un vociare chiassoso e persistente, quasi fossimo in una discoteca all’aperto, le presentazioni e gli appuntamenti: ci vediamo al campetto sportivo, dietro l’orto dei frati. Stretto, con un terreno durissimo, erba spelacchiata, con due porte senza reti (era un lusso averle!). Il catechismo, il cabaret nella stanza al primo piano (la “Stanza dello stereo”, con moquette blu e uno stereo per ascoltare i dischi rinchiuso dentro un armadio, che veniva chiuso a chiave), le sfide a calcio, la sala giochi con calcio balilla e ping – pong, il cinema Astra: quello era il nostro mondo.”
(dal libro “C’erano una volta” di Roberto Fabbri)
gli scout non li cita nessuno, presenza di Edo Biasoli e padre Pio Ridenti ?
Ciao Giacomo, noi siamo partiti dalle nostre esperienze proprio per coinvolgere quelli che conoscono le altre realtà. Si possono inviare testimonianze su questa pagina, ma anche foto e brevi video a: osservanzastory@gmail.com
Le aspettiamo con vivo interesse!
Tanti ricordi, tanti anni vissuti in allegria e spensieratezza….per non dimenticare mai….e per ritrovare gli amici con i quali si sono percorsi anni di vita insieme!!
Complimenti a tutti gli ideatori.
Francesca
Sarebbe bello rigiocare la finale del 1989 tra Osservanza e Duomo a settembre 2021, possibilmente con gli stessi giocatori.
Arbitro il Mister.
Vediamo se quelli del Duomo accettano la sfida
Luca Arginelli
Caro Argi, bella idea, sperando di essere usciti dai divieti. Certo sono almeno 25 anni che non gioco, ma per questa occasione tenterei di fare uno strappo! Quella rete ai tempi supplementari ti è rimasta lì, eh? Ottima proposta, la teniamo in seria considerazione.
Bella idea! Mettete in lista anche la possibilità di “rigiocare ” una partita tutta al femminile con la Prima Squadra degli anni novanta
Sarebbe bellissimo!
Ciao Sandra, sarebbe una sfida alle leggi naturali! Magari da organizzare lo stesso giorno, prima le donne e poi gli uomini (sempre prima le donne, eh!) e finire a piadina e prosciutto, ricordando che sono passati 40 anni dalla nascita ella Polisportiva Osservanza.
A proposito… a gennaio lavoriamo per la stampa del seguito di “C’erano una volta…” e, guarda caso, tanti altri remembers, Polisportiva compresa!
Idea meravigliosa!!!!
Grazie, Francesca, sei nel top dei nostri followers!
Dal diario di “Gallo George” Cuni:
PADRE SEVERINO CATTANEO
Padre Severino aveva una sua falegnameria dove coltivava la sua speciale creatività. Uomo di poche e profonde parole, spesso indisposto, sempre a fianco dei malati e sofferenti, e al tempo stesso concreto nella sua manualità. Giorgio Cuni e Giovanni Pollini lo andavano ad aiutare, specie quando preparava il presepe meccanico e aveva bisogno di materiali e collegamenti elettrici. Una volta si fece male col martello e, invece di imprecare, lo fissò e rimproverò dicendo: ”Perché mi hai fatto questo?” Lo mise sotto l’acqua corrente, se lo fasciò ma non volle recarsi al Pronto Soccorso.
Quando un nuovo Superiore gli fece gettare via tutti gli strumenti, fu un grande dolore per lui. Stava sempre più spesso in camera ammalato, ma i confratelli lo andavano poco a trovare, solo Padre Pietro.
Si alzava ogni mattina alle 5,30 e diceva Messa da solo nella cappellina del convento. D’estate per stare al fresco apriva le finestre della chiesa e stava lì.
Necessitava di medicine e mandava spesso Giorgio Cuni a ritirarle presso la farmacia Argenta. Il dottor Testa non gliele faceva pagare, allora per ringraziarlo Padre Severino gli realizzò e incise una splendida ciotola di legno. Quando il dottore la ricevette, volle inviargli un assegno, ma il Padre glielo restituì motivando che quel mezzo era uno strumento del demonio.
Costruì una rudimentale macchina, ma molto efficiente, per pulire il pavimento della chiesa e una grattugia per le croste del formaggio. Aveva un motorino schermato dal plexiglass, con le manopole di pelo come antigelo, si intabarrava nel suo sciarpone marrone e quando girava si vedevano solo gli occhiali! Luigi Suzzi gli voleva regalare un “Ciao”, ma lui rifiutò e chiese che l’importo corrispondente fosse donato ai poveri e per le necessità della parrocchia. Nelle sue prediche, che guardavano sempre al Cielo, l’aggettivo che più utilizzava era “mirabile”.
Dal diario di “Gallo George” Cuni:
FRA’ CARLO MONTERASTELLI
Non poteva dire Messa per difficoltà espressive, perciò non aveva l’appellativo di Padre. Originario di Fratta Terme, proveniva da famiglia benestante. D’estate trascorreva un mese e mezzo di vacanze in un convento di suore in frazione di Modena, dove lavorava l’orto e andava in cerca di forme e formaggi presso le aziende del territorio.
Un giorno d’estate i frati si trovavano in sala pranzo e il Provinciale annusò un cattivo odore che sembrava provenire dalla soffitta e incaricò Padre Bruno di verificare la cosa. Fra’ Carlo già rimuginava: “Essere forma!”, ma non gli facevano caso. Quando il muratore del convento, che si chiamava Onofri, vi si recò trovò una grande forma piena di vermi che emanava un tanfo insostenibile. Padre Bruno ne chiese ragione a fra’ Carlo, che sbottò dicendo: “Qui essere frate ladro. In mia assenza andato in mia camera, rubato me formaggio. Punire frate!” Non si seppe mai chi era stato, ma l’unico frate goloso di formaggio era Padre Federico Calbi, che però era malato di cuore e non avrebbe potuto portare da solo in soffitta una forma di 70 chili!
Una volta un camion della ditta FARO scaricò candele per 5 milioni delle vecchie lire! Le aveva ordinate fra’ Carlo, senza avvisare il Superiore. C’erano candele dappertutto! Lui era il guardiano delle candele: a volte non facevi in tempo ad accenderne una, che passava a spegnerle!
Dal diario di “Gallo George” Cuni:
IL “GIULA PARTY” NEL CAMPO SPORTIVO
Ai primi tempi del Giula Party (la festa del Cesuola, potremmo tradurlo) il palco era un insieme di assi inchiodate di vecchi armadi dismessi della Luisa Fabbri.
Lo stand gastronomico era composta da parti di vecchie cucine con lavello. Alle griglie per le piadine e le carni stavano Otello Siroli e amici, alle minestre Anna Pollini, Laura Cuni, Carla Cecchini.
Lo stand del “bere” mostrava la scritta “Osteria dla Giula” dipinta da Rino Foschi.
Per l’illuminazione: un primo faro da 500 watt comprato alla EME e un altro per illuminare la stretta porticina del vialetto, in autotassazione di Giorgio Cuni e Giovanni Pollini. Poi arrivarono 3 lampioni, sponsorizzati dalla Conad di Ponte Abbadesse.
Nel campo sportivo non si giocava solamente a calcio, ma divenne teatro per concerti, tombole e lotterie, cinema all’aperto, focarine, grigliate di pesce azzurro, qualche festa da ballo per giovani, Teleosservanza per le prime dirette streaming delle Messe e di alcuni incontri.
Dal diario di “Gallo George” Cuni:
LA POLISPORTIVA OSSERVANZA: CONSIGLIO DIRETTIVO ANNI DUEMILA
Presidente: Luigi Suzzi
Vice presidente: Nereo Braschi, Alberto Ricchi
Tesoriere: Renzo Cecchini
Segretaria: Franca Pilli
Responsabile tecnico: Stefano Cecchini
Assistente ecclesiastico: Bruno Monfardini
Consiglieri: Valentina Partisani (Gruppo Genesi), Stefano Ferrante, Enrico Ronconi, Rino Foschi, Elio Paganelli, Loris Rossi, Andrea Campana, Nello Pasini, Giorgio Cuni
ALTRI PERSONAGGI
Davanti al cinema Astra, di proprietà dei frati ma gestito dai fratelli Nando e Albano Vaccari (avevano anche le arene La Rocca e Savio), la “Pisarina” vendeva lupini, anime e ceci e le “cottarone” (pere cotte avvolte nella carta gialla). Per celebrare il decennale della Polisportiva, vennero proiettate tante foto sullo schermo del cinema.
Il sagrestano era Santino: persona buona e ligia al dovere, aveva poco udito nonostante portasse l’apparecchio acustico.
Il cuoco dei frati lo chiamavano “Pipidoro”: siccome puliva l’insalata sempre al buio, non si sapeva mai cosa ci trovavi dentro!
Ma quanto sono belli, questi video!!!! Che bellissimi ricordi!!!
Un applauso a chi li ha conservati con così tanta cura!!!
STORIA DELLA PARROCCHIA DELL’OSSERVANZA (1^ PARTE)
Nel 1459 il Papa Pio II con una bolla concesse ai frati di costruire “un’umile chiesa” con annesso un convento: era molto più piccola dell’attuale e venne terminata vari anni più tardi, ad opera di mastro Maso di Pietro, per essere poi consacrata nel 1472.
Nel 1612 venne intitolata a Santa Maria delle Grazie, a motivo dell’omonimo dipinto miracoloso.
Al piano superiore, il corridoio del convento è detto di San Leonardo, perché qui venne ospitato per alcuni giorni nel 1752. La facciata del convento, con l’immancabile scritta “pax et bonum”, completa il suo restauro nel 1769.
Nel 1791 viene demolita la vecchia chiesa e comincia ad essere edificata la nuova, progettata dall’architetto Benedetto Barbieri e dipinta da Leandro Marconi. Nel 1799 termina la ricostruzione e avviene il riordino delle tombe collocate ora nella cripta che si estende in tre bracci sotto tutta la navata centrale. Sono le catacombe della chiesa, che ospitano anche un altare per celebrare Messa. Fino al 1813 vi sono seppelliti anche laici, i frati fino al 1866.
STORIA DELLA PARROCCHIA DELL’OSSERVANZA (2^ PARTE)
Nel 1917 viene costruita una casa su due piani sul fianco sinistro della chiesa ed è destinata all’oratorio (“ricreatorio”) e alle Terziarie francescane che ne volessero fare uso per sperimentare la vita in comune. Oggi ospita una scuola materna, operante dal 1963 al 1970 e poi dal 1977 ad oggi, fortemente voluta dal consiglio del quartiere Cesuola.
Negli anni Trenta il lato nord del chiostro ospita un teatro di qualche centinaio di posti per la filodrammatica parrocchiale “Araldo”, voluti dal parroco Padre Claudio Bosoni, all’Osservanza dal 1921 al 1944 (anno in cui morì colpito da una granata). Dal 1946 la sala viene convertita in cinema e le proiezioni estive utilizzano lo stesso chiostro. L’iniziativa riscuote grande successo e si costruisce una sala più ampia che viene chiamata Astra. Il debito contratto per la costruzione obbligò a vendere terreni della proprietà Agnoletti, lungo la via per il cimitero. Durante i lavori per l’edificazione di condomini venne trovato il piatto d’argento “Missorium” (IV secolo) oggi conservato presso il Museo Archeologico cesenate.
Durante la Seconda Guerra Mondiale chiesa e convento, compresa la cripta con le catacombe, diventano rifugio antiaereo e danno ospitalità ai senzatetto.
L’Azione Cattolica vi termina la sua esperienza nel 1953. La San Vincenzo de’ Paoli viene fondata dai Terziari francescani nel 1937 ed è tuttora operativa.
Nel 1958 si costruiscono le sale per il catechismo. Dal 1960 al 1964 diventa “collegio per gli artigianelli” (seminario per i religiosi non sacerdoti, circa una decina), che vi accedono attraverso una nuova scala costruita per il piano superiore, dove c’è un laboratorio di legatoria. Quelle sale saranno poi adibite al catechismo e si raggiungeranno da una nuova scala esterna vicina all’orto. Il lato occidentale ospita l’Agesci con gli scout nautici. Vi si sono insediati dal 1948 (allora chiamati ASCI, dal 1974 Agesci, col reparto Cesena III), mentre i nautici hanno cominciato nel 1966.
Nel 1966 è stato realizzato il piccolo campo sportivo dietro il campanile della chiesa. Nel 1980 è sorta la Polisportiva Osservanza.
Tutte le parrocchie dovrebbero essere come l Osservanza con padre Bruno che capiva che favorire le attività sportive e teatrali per i giovani e le famiglie era un modo per avvicinare le persone alla fede..un luogo dove ci si sentiva accolti e apprezzati per i propri talenti… per stringere legami e per accumulare ricordi tra i più belli della vita. La danza era la mia vita fin da bambina e il mio primo grazie va a Caro Cara…un pozzo di sapienza per le danze popolari e antiche. Poi a Roberto Fabbri and c. per avermi coinvolto insieme a Betta in tanti spettacoli memorabili e divertentissimi. Grazie di cuore per l immenso lavoro di ricerca e per aver fatto riaffiorare tante emozioni. Buona vita a tutti !!!
Un post di un anno fa condiviso dal dr. Marcello Ceccaroni in memoria dell’amica Elisa Zanotti, che facevano parte del mio gruppo di catechismo, mi ha mosso un mare di emozioni che mi sento di condividere. Da tempo lontano, ho saputo solo dopo il calvario che ha affrontato con grande dignità. E siccome al tempo non mi sono espresso, le voglio dedicare un breve ma sentito ricordo. Elisa aveva uno sguardo azzurro come il cielo, un sorriso disarmante e una compostezza non comuni. Non era appariscente, ma faceva le cose con senso. Quando mi sposai, fu la prima a corrermi incontro dopo il consueto lancio del riso: aveva le braccia spalancate, come il suo sorriso, mentre esclamava quel “Fabbri!” che utilizzava nelle occasioni pubbliche, ma a tu per tu mi chiamava “Roby”, il suo catechista. Ricordo le uscite, le risate, gli abbracci, lei e la banda di mattacchioni dell’Osservanza al seguito di Padre Bruno Monfardini, io solo un po’ più grande, ma già automunito per il trasporto. I momenti di preghiera, di sport, di studio. E la domanda incessante, martellante, che resta sospesa come un pendolo sopra le nostre teste: perché i più giovani se ne possono andare prima dei vecchi? La vita è una strana ruota che gira, che spero ci farà ritrovare tutti prima o poi un giorno lassù. Resta il silenzio, l’attesa del piccolo seme che, germogliando, si trasforma.
Dal diario di “Gallo George” Cuni:
IL CINEMA
Erano gli anni del dopoguerra: poco lavoro e grande miseria. Gli unici svaghi erano il ballo e il cinema, poi arrivò la tv con i quiz di Mike Bongiorno. I fratelli Vaccari, gestori del cinema Astra, preoccupati dalla concorrenza di “Lascia o raddoppia” ebbero una felice idea: presero a noleggio dal negozio di radio e tv di Buda Ercole di via Quattordici tre grandi televisori e ne installarono due in platea e uno nella galleria del cinema Astra. La gente pagava il biglietto e vedeva prima il quiz e poi il film e la sala si riempiva.
Il proiezionista della sala e anche dell’arena estiva La Rocca, sempre di proprietà dei Vaccari, era Gino Severi detto “La Rocia”.
Niso Avio andava nelle parrocchie per fare il cinema col proiettore 16 mm. Si stendeva un lenzuolo, lo si tirava ben bene e si collegava il proiettore alla Balilla di Avio, che si metteva a circa 300 metri. Giovanni Pollini aveva costruito un inverter che trasformava la corrente continua in alternata, collegandolo alla dinamo da carro armato tedesco che stava sul carretto trainato dalla Balilla. Questo finché non arrivò la luce dappertutto. Avio era generoso e non si scoraggiava mai: aveva un camion Dodge con cui trasportava tutti i materiali per i campi Scout, le panche e i materassi nella colonia di don Dino Cedioli alle Balze. Se capitavano inconvenienti, trovava sempre una soluzione.
L’OSSERVANZA (opuscolo stampato da Stilgraf nel 1991, bicentenario della ricostruzione della chiesa)
Il bollettino parrocchiale nacque il 22 settembre 1946 per iniziativa di padre Ferdinando Ferri, succeduto a padre Claudio Bosoni. Allora contava ben 12 frati. Poi padre Giuliano Ferrini vi operò dal 1955 al 1967 come “padre curato”. C’era una fiorente Azione Cattolica, nelle sue varie espressioni, e lo Scoutismo era in espansione, tanto che venne loro concesso un braccio del convento. Assai numerosa era anche la Fraternità dell’Ordine Francescano Secolare. Per 11 anni si celebrò anche la Messa dell’Artista.
Con padre Giorgio Colombini la parrocchia si apre a tutte le espressioni e movimenti presenti in Diocesi: è il periodo postconciliare della contestazione, il parroco non manca a più riprese di spronare ed esortare alle esperienze comunitarie, finché coronerà le sue aspirazioni nel Getsemani, a Gerusalemme.
Padre Bruno Monfardini eredita una parrocchia ben avviata e punta principalmente sull’aspetto del servizio: catechesi, gruppi familiari, Caritas parrocchiale, centro Volontari della Sofferenza, San Vincenzo, Centro Missionario, gruppi scout del Cesena 3°, servizio liturgico, scuola di preghiera, assistenza ad ammalati e anziani.
Nel 1984 nacque per l’instancabile opera e promozione di Valentina Partisani il gruppo danza Follie di Broadway, che partecipa agli spettacoli della Compagnia del Blues, finché nel 1986 esordisce al teatro Jolly con uno spettacolo tutto suo (“Darkness in the light”), cui si affianca una rappresentazione dedicata alla vita di San Francesco (“Il cantico delle creature”). Perciò assume la denominazione che lo accompagnerà negli anni: gruppo Genesi. E con questa sbarcò nel 1987 al Teatro Bonci per rappresentare “Theotokos”, sulla vita della Madonna. Sempre al Bonci, nel 1989, “La Divina Commedia”.
DIECI ANNI
Stessa settimana di dieci anni fa: ti tenevo la mano in ospedale, ma già da un po’ non potevi più parlarmi, babbo, mentre silenziosamente te ne stavi andando, ad occhi chiusi. Però quella mano continuavi a stringerla, come per tenerti compagnia. Accesi il televisore: trasmettevano Shakhtar – Roma, una débacle che finì 3-0. Fu l’ultima notte. Ci ho ripensato, ieri sera, mentre si riproponeva quel duello calcistico, e ho pensato assurdamente che tu potessi rispondermi anche attraverso quell’incontro, per dirmi che va tutto bene, che ora stai vincendo tu. E man mano che maturava il risultato, ho continuato a pensarti, a te e al tuo amore per il calcio. Alla fine è stato 3-0 per la Roma. Di buon umore, mi sono alzato dal divano e senza pensarci ho scartato un Bacio Perugina e l’ho gustato. Stavo per buttare la carta, ma mi è venuto in mente che contiene sempre un messaggio e l’ho letto: “In un mare di strofe, sei il mio ritornello.” E ho sorriso al cielo. Ah, dimenticavo: io il mio babbo lo chiamavo “Bacio”…
Carissima Osservanza,
ti scrivo da lontano, nello spazio e nel tempo. Forse non ti ricordi di me, ma io di te posseggo un ricordo indelebile, anzi, quello che mi hai dato è molto più di un ricordo. Ti conobbi da ragazzino, era il 1975… e passai con te quattro anni meravigliosi. Poi la vita mi portò lontano, ma neanche tanto: in fondo da Bologna a Cesena si arrivava in un’ora di treno. E così per qualche anno, per lo meno una volta al mese tornavo a trovarti. E trovare te significava rivedere tutte quelle persone che hanno contribuito a fare di me quello che sono diventato. Una manciata di anni, e fu da Roma che se volevo rivederti ero obbligato a viaggiare. La cosa si fece molto più difficile, ma ogni tanto ci si riusciva a vedere ancora. O venivo io, o tu mandavi in trasferta alcuni di quei vecchi amici che avevano voglia di vedere il Colosseo e il sottoscritto. E gli anni si fecero tanti. Un bel giorno conobbi una bella ragazza che prese la decisione di sposarmi. E mi portò lontano, lontano, lontanissimo. Eccomi qui, dall’altra parte dell’oceano, in un meraviglioso paese chiamato Brasile, in una città enorme chiamata San Paolo, eccomi qui, con tanti anni alle spalle, pochissimi capelli, gli occhiali, e la barba tutta bianca.
E come per magia appare nel mio computer il tuo site, cara Osservanza, nel quale comincio a navigare con curiosa avidità. U groppo in gola e lacrime di emozione a rivederti, e con te alcuni di quei ragazzi di tanti anni fa che oggi raccontano in video la loro storia di unione con te. Ascolto Stefano che parla del campetto da calcio dietro alla chiesa, le partite nel fango, il tentativo di drenaggio scavando “trincee” sotto le porte: ma c’ero anch’io a scavare, c’ero anch’io a giocare con lui! Ecco Sandro ricordare l’avventura di Benelda Rock; ma c’ero anch’io a suonare con lui, Stefano, Roberto, Ivan, le ragazze del coro. Poi guardo le fotografie che hai pubblicato, e in un paio mi riconosco e riconosco gli amici di quegli anni, Paolo. Andrea, Chiara, Angela, Patrizia e chissà quanti altri volti che sento familiari ma di cui ho dimenticato i nomi. Come eravamo giovani. E belli!
Insomma, carissima Osservanza, ti voglio ringraziare per questo bellissimo regalo che mi hai fatto. Rivederti è come guardarmi allo specchio e riconoscermi, per il ragazzino che ero allora, per quello che mi hai insegnato, per quello che sono diventato.
Grazie di tutto
São Paulo, Brasil, 20/7/2021
Paolo D’Aprile
Grazie, Paolo, hai incarnato perfettamente lo spirito di questo sito che parte da un luogo ben preciso, fucina di avventuroso vivere, e approda a ciò che oggi siamo e dove ci troviamo, con uno sguardo caldo al passato che ci è rimasto nel cuore.
Caro Roberto,
dal modo come ti esprimi, da quello che dici, quello che racconti, dalle tue immigini che il video del computer (sempre traditore, affabulatore e menzognero) mi trasmette, capisco che sei un mio coetaneo. Magari hai qualche anno in meno di me, cosa che oggi non ha nessuna importanza, ma che quando si è adolescenti può diventare un fosso invalicabile. Forse è per questo che non mi ricordo di te, è probabile che mentre frequentavamo lo stesso ambiente, l’Osservanza, io avevo 15 anni e tu 10. Comunque, a scanso di equivoci, te lo dico subito quanti anni ho adesso: 58 .
Nella sezione del sito Foto-Varie, appaio in tre fotografie: Dietro la fascia “Benelda Rock”, da sinistra verso destra, io sono il penultimo. Mi si vede meglio nella terza foto, con i bonghi, sul palco durante un concerto leggedario alla Rocca Malatestiana! Ed eccomi ancora nella terza foto, in qualità di fedele scudiero di Sandro Merendi nella classica posa à la Joe Cocker con tanto di bicipite in bella mostra. Era il 1980, e di anni ne avevo 17. Sono passati secoli, ma a volte sembra che tutto sia successo ieri.
Ho vissuto a Cesena per quattro anni. Pochissimi, ma per un ragazzo di quella età, fondamentali. Lì, all’Osservanza si sono formati i Valori sui quali poi ho impostato la mia vita e che mi hanno accompagnato fino ad oggi, fino a qui dove mi trovo, dall’altra parte del mondo. Per cui grazie ancora per questa bellissima inziativa che hai avuto: rivedere quei luoghi e quelle persone è sempre una emozione enorme.
Un grande abbraccio “brasileiro” a te e tutti gli amici.
Paolo
I FRATI DELL’OSSERVANZA IN CESENA
Vennero in Cesena nel 1288 e presero stanza fuori di città in un luogo che allora serviva di mercato per il bestiame. Solo nel 1300, aderendo alla riforma Francescana encomiata e propagata da San Bernardino da Siena, vennero chiamati dell’Osservanza per distinguerli da altri Francescani presenti in zona, nome che hanno mantenuto sino ai giorni d’oggi.
Il convento fu fondato da Malatesta Novello e nel 1457 la moglie Violante donò il giardino che è tuttora recinto della clausura. I frati vi avevano già preparato il sepolcro per la famiglia Feltresca e dunque di Violante, se non fosse poi morta monaca in Ferrara nel monastero del Corpus Domini.
La vecchia chiesa, poi distrutta, venne eretta subito dopo il 1300 e non aveva cappelle laterali, ma due piccoli chiostri. La nuova la fecero costruire verso la fine del 1700.
ALL’OSSERVANZA TORNA IL GIULA PARTY
Sabato 11 giugno 2022, alle ore 19, torna a grande richiesta una delle feste più popolari che hanno animato la parrocchia dell’Osservanza di Cesena fin dagli anni 80.
Stiamo parlando del celeberrimo “Giula Party”, una festa aperta a grandi e piccini che ha sempre attratto un pubblico numeroso anche dai quartieri e dalle parrocchie limitrofe.
Perché, a ben vedere, non si tratta di una festa come tutte le altre.
Certo, come sempre, dalle 19 saranno aperti gli stand gastronomici, con il classico menù romagnolo a base di tortelli al ragù e piadina con salsiccia, il tutto annaffiato da una libagione generosamente abbondante di sangiovese (o di birra per gli “stranieri”).
E per i piu Golosi ci sarà anche l’opportunità di gustarsi una coppetta di gelato “Mascarpone”.
Inoltre ci sarà anche l’animazione per i bambini, questa volta in salsa “agricola”, organizzata dal contadino sui generis Roberto Fabbri, fino alle 20.
Poi, dalle 21:30, spazio alla musica e all’intrattenimento, che sono la più succosa particolarità di questo evento.
Si perché è qui che si cela la vera caratteristica peculiare di questa festa.
Infatti, quando negli anni ’80 i membri dell’allora Polisportiva Osservanza decisero di organizzare la prima edizione del “Giula Party”, (dal nome del vicino torrente Cesuola) l’obiettivo era quello di animare una serata di puro gozzovigliamento per i numerosi iscritti.
Così pensarono bene di incanalare le pulsioni musicali di alcuni di loro in una band dal sapore ruspante, con tanto di simpatiche (e anche un po’ goliardiche) canzonette autoctone.
Il tutto forgiato in un inedito slang anglo/romagnolo, con titoli quali “I remember Gatulen”. “Cisena on my mind” o “You are belesma”, che inneggiavano al lavoro nei campi e al buon vivere tipicamente nostrano.
In sostanza, guidati dal leader e compositore Sandro Merendi, i neonati Benelda Rock avevano quasi inconsapevolmente dato vita ad un nuovo filone di musica tradizionale, il “rock agricolo”.
Successivamente una delle band più longeve di Cesena ne raccolse il testimone e lo perpetuò per i 30 anni successivi.
Dunque ecco svelato il segreto: saranno proprio i ragazzi de “Il Cantiere – rock agricolo” ad animare la serata con una sorta di “prova zero” del loro prossimo spettacolo, che segnerà il ritorno sulle scene dopo la pausa forzata della pandemia.
Formazione del cantiere
Voci: Stefano Cecchini, Danilo Galeppi, Maurizio Camaeti.
Roberto Lucchi basso
Paolo Di Maggio chitarra
Andrea Fabiani chitarra
Antonio Cecchini batteria
Matteo Amaducci tastiera e cori
Ospite della serata
Pietro Piraccini (tastiera e fisarmonica)
Ex membro dei Benelda Rock
Questo, dunque, il mix esplosivo (buon cibo, ottima musica, divertimento per tutti) che trasformerà l’edizione 2022 del redivivo Giula Party in un evento imperdibile.
Matteo Amaducci
Ho vissuto tante volte la sensazione di volermi svegliare da un brutto sogno e accorgermi che eri tornato per continuare a condividere con noi le emozioni del teatro. Ne avevi fatti di andirivieni: eravamo abituati ai tuoi ritorni ogni volta diversi, quando meno ce lo aspettavamo. Anche quella volta ci hai sorpreso con quella notizia che ci fece chiedere: “Ma davvero? Non è uno scherzo?” È la tragicommedia della vita: quella vita, come amavi ripetere, che “è meglio vivere breve ma intensa”. E così è stato.
Cesena, 18.06.2022 (dedicato a Paolo Alessandrini, nel 25° della sua scomparsa)
L’assenza è una più acuta presenza: vale per la tua voce e per l`udito, per il tuo profumo e per l’olfatto, per i tuoi occhi quando mi guardavano e per la vista, per il sapore delle tue parole sempre rassicuranti e per il gusto.
Per le persone che non ci sono più.
A volte l`assenza è il modo più potente per rimanere nella vita di qualcuno.
Per rimanere nella mia, di vita.
18 giugno 1997